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Riconoscimento informale prova aticipa ricognizione processo penale indagini

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di evocare esplicitamente il concetto culturalmente sospetto di &quot;razza&quot; in quanto tale, per presentarsi &quot;implicitamente&quot; sotto la forma di una teoria (c.d. razzismo implicito), che attua un compromesso tra le pulsioni di ostilit&agrave; nei confronti dell'&quot;Altro&quot;, ritenuto diverso da s&eacute; per razza, etnia o nazione, ed il rispetto formale della normativa antirazzista &quot;interiorizzato grazie all'educazione o al senso di utilitaristico interesse socio-politico-economico&quot;.<a class="link" href="razzismo.html">Leggi tutto</a></p><p>&nbsp;</p> <h4>Estradizione e tutela dei diritti umani: note sul regime estradizionale convenzionale con particolare riguardo alla Convenzione europea sull'estradizione (Parigi, 1957) </h4> <p>Il primato del diritto può comportare il rischio che l’applicazione acritica del diritto, che cioè non tenga conto delle circostanze a cui le sue norme devono essere applicate nel singolo caso e delle finalità a cui esse dovrebbero tendere, possa facilmente portare a commettere ingiustizie o addirittura costituire strumento per perpetrare l'ingiustizia... <a class="link" href="estradizione.html">Leggi tutto</a></p><p>&nbsp;</p> <h4>Il ne bis in idem in ambito nazionale e comunitario</h4> <p>Il divieto di un secondo giudizio per lo stesso medesimo fatto è un principio fondamentale sia dell'ordinamento interno (di cui il 649 c.p.p. costituisce solo una delle manifestazioni) che in quello internazionale (Convenzione applicativa di Schengen, art. 54). <a class="link" href="il_ne_bis_in_idem.html">Leggi tutto</a></p><p>&nbsp;</p> <a href="/web/20101117061518/http://www.canestrinilex.it/risorse/articoli.html"><img src="/web/20101117061518im_/http://www.canestrinilex.it/pix/window_go.png" alt="Vai"/> Vai alla lista completa degli articoli</a> </div> <div class="main"> <div class="bloc"> <h1>Il riconoscimento effettuato durante le indagini preliminari: prova atipica o prova irrituale?</h1> <a href="/web/20101117061518/http://www.canestrinilex.it/pdf/riconoscimento.pdf"><img src="/web/20101117061518im_/http://www.canestrinilex.it/pix/document-pdf-text.png" alt="pdf"/> Versione completa .pdf</a> <p><br/> </p> <p>Il codice di procedura penale ha operato, come noto, una scelta intermedia tra <strong>libert&agrave;</strong> e <strong>tassativit&agrave;</strong> dei mezzi di prova, perch&eacute;, pur riconoscendo con l'articolo 189 c.p.p. la possibilit&agrave; di introdurre nel processo prove non disciplinate dalla legge, ha fissato condizioni a cui &egrave; subordinata la loro ammissibilit&agrave;.</p> <p>Il principio espresso dall'articolo 189 c.p.p. &egrave; invero spesso utilizzato per introdurre mezzi di prova che, pur tendendo al risultato cui sono preordinati i mezzi di prova tipici, si discostano dal metodo normativamente previsto. Cos&igrave;, ad esempio, <strong>sostituendo al modello legale della ricognizione di persone</strong> di cui agli artt. 213 ss. c.p.p. quello del <strong>ravvisamento o riconoscimento effettuato dalla PG senza rispetto delle regole</strong> dettate per la ricognizione di persona. </p> <p>Detta pratica &egrave; ritenuta legittima e praticabile da giurisprudenza di legittimit&agrave; pressoch&eacute; unanime, anche facendo ricorso al cd. libero convincimento del giudice: &quot;<em>l'individuazione fotografica, costituendo prova atipica in quanto non disciplinata dalla legge n&egrave; collocabile nell'ambito della &quot;ricognizione&quot; personale prevista dall'art. 213 c.p.p., legittimamente pu&ograve; essere assunta - se ritenuta dal giudice idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti - ai sensi dell'art. 189 c.p.p. In tal caso, infatti, la certezza della prova dipende non dal riconoscimento in s&egrave;, ma dalla ritenuta attendibilit&agrave; della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell'imputato, si dica certo della sua identificazione. </em>&quot; (ex multis Cassazione penale , sez. II, 28 febbraio 1997, n. 3382, Falco, Cass. pen. 1998, 1737, ma anche sez. IV, 01 febbraio 1996, n. 3494, sez. IV , 04 febbraio 2004 , n. 16902). </p> <p>Si sovrappongono cos&igrave; due istituti diversi, la ricognizione, che ha lo scopo di pervenire alla individuazione dell'autore del reato, e la testimonianza, che ha invece la funzione di dedurre nel processo un fatto storicamente avvenuto, affermando il principio di fungibilit&agrave; dei mezzi di prova. </p> <p>Cos&igrave;, anche per la sede cautelare, si &egrave; recentissimamente affermato &quot;secondo il costante orientamento di questa S.C. - l'individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria (indipendentemente dall'accertamento delle modalit&agrave; e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell'art. 213 C.P.P.) ben pu&ograve; essere posta a fondamento di una misura cautelare, perch&eacute; lascia fondatamente ritenere che sbocchi in un atto di riconoscimento formale ovvero in una testimonianza che tale riconoscimento confermi (Cass. Sez. 2, 10.9 - 20.11.95 n. 3777; Cass. Sez. 2, 28.2 - 10.4.97 n. 3382).&quot; (Cassazione penale , sez. II , 24 aprile 2007 , n. 22454). </p> <p>L'orientamento non pu&ograve; peraltro essere condiviso e che anzi va contrastato perch&eacute; lesivo del principio di tassativit&agrave; e quella della formazione della prova nel contraddittorio, risolvendosi - ancora una volta in nome della ricerca della ineffabile verit&agrave; reale - in una elusione delle garanzie poste dal codice di procedura penale a garanzia dell'indagato. </p> <p>Del resto, &quot;<em>la prova, per risultare idonea all'accertamento dei fatti non pu&ograve; prescindere da forme volte a garantire genuinit&agrave; e affidabilit&agrave; sicura</em>&quot;. (Cassazione penale , sez. VI, 01 marzo 1993Minzolini Mass. pen. cass. 1993, fasc. 10, 67). </p> <p>In effetti, come osserva migliore dottrina (Rafaraci, Ricognizione informale dell'imputato e (pretesa) fungibilit&agrave; delle forme probatorie, Cass. pen., 1998, p. 1739ss.) la rievocazione mnemonica percettiva in cui si sostanzia la ricognizione, dato che si traduce in un assenso, nel dubbio o in una negazione, &egrave; per sua natura refrattaria ad ogni vaglio critico sul piano logico - dialogico (Cordero parla di &quot;corto circuito delle sensazioni&quot;): ci&ograve; la espone ad un rischio di suggestione molto alto, facendo del mezzo di prova in questione un mezzo assai poco affidabile in un sistema incentrato al metodo del contraddittorio. E proprio per questo il legislatore - che &egrave; consapevole del rischio di suggestioni anche involontarie - pone una serie di garanzie a tutela dell'indagato, precedenti e contemporanee all'atto della ricognizione, volte a contenere il rischio di suggestione, presidiate a pena di nullit&agrave;: la tutela processuale prestata a tali elementi indica che proprio questi ne costituiscono la fattispecie, condizionandone dunque la validit&agrave;. </p> <p>In effetti, la giurisprudenza di legittimit&agrave; ha cercato di dribblare il problema, in nome di un concreto pragmatismo &quot;<em>svincolato da orpelli burocratici di contorno</em>&quot;, distinguendo tra i riconoscimenti e le ricognizioni, non essendo per i primi necessarie le formalit&agrave; dettate per i secondi. </p> <p>Pare per&ograve; trattarsi di un abile escamotage linguistico che consente una dilatazione contra legem dei poteri giudiziali in tema di prova. In effetti, cos&igrave; ragionando, il giudice sovrappone le proprie valutazioni a quelle del legislatore, che ha ritenuto utile per l'accertamento della verit&agrave; processuale il modello tipico. Il che equivale ad escludere che lo stesso accertamento possa essere utilmente compiuto attraverso un modello atipico (rectius: adottando un mezzo tipico per un fine atipico). </p> <p>Del resto, la stessa Cassazione ha autorevolmente affermato a Sezioni Unite che </p> <p>&quot;<em>non pu&ograve; legittimarsi, sulla scia di una cultura inquisitoria che, in quanto estranea al vigente codice, deve essere definitivamente abbandonata, l'apertura di varchi preoccupanti nella tassativit&agrave; e nella legalit&agrave; del sistema probatorio, proponendosi &quot;veicoli di convincimento... affidati interamente alle scelte dell'investigatore&quot;. Va superata ogni forma di distonia tra prassi delle indagini, condizionata ancora da atteggiamenti inquisitori, e concezione codificata della prova, qual &egrave; strutturata nel vigente sistema accusatorio. Va vinta qualunque tentazione di forzare le regole processuali in nome di astratte esigenze di ricerca della verit&agrave; reale, considerato che le dette regole non incorporano soltanto una neutra disciplina della sequenza procedimentale, ma costituiscono una garanzia</em>&quot; (cd. sentenza Torcasio, 28 maggio 2003, n. 36747).</p> <p>A ben vedere, la stessa Corte costituzionale che con sentenza 265/1991 aveva rigettato una questione di legittimit&agrave; costituzione del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma in riferimento agli arti. 24, secondo comma, e 77 della Costituzione dell'art. 364 del codice di procedura penale &quot;nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi prevista si applichi anche alla individuazione (art. 361 c.p.p.) cui debba partecipare la persona sottoposta alle indagini&quot;, ha si escluso la censura, ma solo sul rilievo che <strong>la ricognizione ha funzione esclusivamente endoprocessuale</strong>: </p> <p>&quot;<em>in un sistema nel quale la prova si forma in dibattimento, o comunque davanti al giudice in sede di incidente probatorio, quale anticipazione del dibattimento, gli atti compiuti dal pubblico ministero hanno una funzione esclusivamente endoprocessuale (lo stesso art. 361 consente di procedere all'individuazione solo quando e necessario per l'immediata prosecuzione delle indagini); vale a dire che la destinazione naturale di tutto il materiale frutto delle indagini preliminari e nella finalizzazione delle indagini stesse. (�). Se quindi l'individuazione e in sostanza un puro atto d'indagine finalizzato ad orientare l'investigazione, ma non ad ottenere la prova, non pu&ograve; dirsi violato ne il diritto di difesa dell'indagato, ne il principio di parit&agrave; delle parti, ben potendo il legislatore graduare l'assistenza difensiva in funzione del rilievo conferito all'atto che, si ripete, esaurisce i suoi effetti all'interno della fase in cui viene compiuto.</em>&quot; </p> <p>Invero, va dato atto che esiste un filone giurisprudenziale di legittimit&agrave; che ha Recepito le osservazioni critiche della dottrina proprio in tema di riconoscimento informale. </p> <p>&quot;<em>L'art. 187 c.p.p. prevede che il giudice pu&ograve; assumere la prova non disciplinata, se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti. Il che non lo esonera, in virt&ugrave; del principio astratto del <strong>libero convincimento</strong>, dall'adozione di criteri legali espressi per talun altra prova disciplinata, su cui quella atipica (&egrave; il caso del riconoscimento fotografico, rispetto alla ricognizione di persona) o pure tipica ma non compiutamente disciplinata (&egrave; il caso della chiamata di correo, rispetto alla testimonianza), si modelli, o diversamente di consolidate massime d'esperienza, o d'inferenza secondo una disciplina scientifica. Nel caso del riconoscimento fotografico, attesa la ridotta efficacia rappresentativa del mezzo, dal punto di vista storico (l'immagine deve essere la pi&ugrave; recente possibile) e spaziale (cromatico: in particolare quella in tonalit&agrave; di grigio &egrave; astratta; volumetrico: manca comunque di una dimensione spaziale e non reca di solito termini di raffronto, per esempio dell'altezza), in parallelo a quanto disposto dagli artt. 213 e s. c.p.p. circa la ricognizione di persona, prima di invitare il dichiarante ad individuarla tra le immagini di pi&ugrave; persone possibilmente somiglianti, &egrave; opportuno riceverne il riferimento di precedenti percezioni visive avutene, ma soprattutto puntuale ed idonea descrizione, per la verifica di corrispondenza con le sembianze reali, avendo di mira che la visione fotografica inficia il risultato di successiva ricognizione di persona da parte di chi ha operato il riconoscimento, vieppi&ugrave; se identificata per suo mezzo. Pertanto il giudice, se il riconoscimento fotografico &egrave; stato compiuto prima del giudizio, deve disporre quantomeno dell'immagine riconosciuta e <strong>verificare la correttezza dei criteri</strong> adottati da chi ha assunto l'atto.</em>&quot; (Cassazione penale, sez. V, 26 novembre 1998, n. 1858). </p> <p>La soluzione di ritenere idoneo solo quel riconoscimento informale effettuato con le garanzia della ricognizione formale anche se compita in fase diversa da quella dibattimentale trova timida conferma in quella pronuncia che statuiva che nulla impedisce che la ricognizione venga effettuata al di fuori e prima del dibattimento, anche se anche in tale occasioni dovranno essere osservate con scrupolosa attenzione le garanzie previste per la fase dibattimentale: se cos&igrave; &egrave;, e solo in questo caso, le risultanze potranno essere acquisite ai fini della decisione (&quot;l'individuazione fotografica non garantita non pu&ograve; essere trasferita tout court nel processo e a base della decisione, ma pu&ograve; entrarvi solo con il rispetto delle modalit&agrave; prescritte dal codice di rito&quot;: Cassazione penale, sez. III; 21.05.2002, De Marco, in Guida al Diritto, 2002, Dossier Mensile 9, p.64). </p> <p>Peraltro, il filone interpretativo &egrave; ora stato rafforzato dalla pronuncia del Tribunale di Brescia, II Sezione riesame, che in data 20 giugno 2007 annullava una ordinanza di custodia cautelare in carcere per un indagato proprio perch&eacute; la ricognizione - unico elemento indiziante - era stata effettuata in spregio ad ogni garanzia di legge. </p> <p>Scrive infatti il tribunale bresciano che </p> <p>&quot;<em>l'individuazione di [omissis] quali tra gli aggressori dei tre offesi (..) &egrave; avvenuta in modo informale ad opera della p.g., e cio&egrave; de visu presso il Comando di (..).Tuttavia, questo atto di individuazione (pur legittimo ex artt. 55-348 c.p.p.), non &egrave; convincente. Il riconoscimento &egrave; avvenuto per [omissis] senza che vi fosse una previa descrizione da parte degli offesi, con esposizione di dettagli fisionomici atti a caratterizzare fisicamente i partecipanti all'aggressione (..). I tre indagati sono stati presentati alle parti lese insieme a un gruppo di soggetti di etnia altoatesina, tutti somiglianti per l'aspetto fisico comune (giovani normalmente corpulenti e biondi) e, pertanto, facilmente tra loro confondibili. Il contesto in cui &egrave; avvenuta l'individuazione non rassicura siccome non promanante da accadimento spontaneo (incontro casuale in caserma tra vittime ed indiziati). Tanto basta, allo stato, per ritenere l'indicazione del ricorrente non sufficientemente persuasiva (salvo esiti certi che solo atto di formale ricognizione di persona potr&agrave; assicurare).</em>&quot; </p> <p>Peraltro, per dovere di completezza di evidenzia come del tutto condivisibilmente si &egrave; ritenuto che il ravvisamento informale possa pregiudicare una volta per tutte anche la possibilit&agrave; di giungere ad una prova piena tramite il mezzo di prova tipico: infatti, &quot;una volta effettuato il riconoscimento di una persona, i soggetti tendono a mantenerlo fermo anche in seguito, per una sorta di effetto di congelamento: nelle fasi successive del procedimento tenderanno a rifarsi al primo riconoscimento, piuttosto che all'esperienza originaria, con il pericolo di verificarsi di <strong>falsi positivi</strong>&quot; (Trib. Milano 15 luglio 1998, in Guida al Diritto, 1998, 48, 78). </p> <p>Nessuna scorciatoia, dunque: l'unica verit&agrave; accertabile nel processo &egrave; quella che consiste nel prudente apprezzamento delle risultanze processuali, con attenta valutazione della fondatezza delle accuse e delle difese, ed in particolare con la ragionevole considerazione della &quot;qualit&agrave;&quot; di ogni fronte probatoria e della sua credibilit&agrave;, pena sconfinamento nell'arbitrio; il convincimento del giudice non pu&ograve; formarsi nella sopraffazione della verit&agrave; processuale o nella prevaricazione del costrutto probatorio ma deve sempre scaturire dalla regolata raccolta dei mezzi di prova, secondo le regole codificate e nel rispetto dei principi fondamentali.</p> <p>&nbsp;</p> <p><br/> </p> <p><a href="/web/20101117061518/http://www.canestrinilex.it/pdf/riconoscimento.pdf"><img src="/web/20101117061518im_/http://www.canestrinilex.it/pix/document-pdf-text.png" alt="pdf"/> Versione completa .pdf</a></p> </div> <!-- End bloc --> <div class="casella"> <h3>Contatti Rovereto</h3> <p>Piazza Podestà, 10<br/> 38068 Rovereto TN<br/> T +39.0464.436688<br/> F +39.0464.436648<br/> Emergenza +39.334.8676783<br/> mail: <a href="https://web.archive.org/web/20101117061518/mailto:studio@canestrinilex.it">studio@canestrinilex.it</a></p> <p>skype: canestrinilex</p> </div> <div class="casella"> <h3>Contatti Bolzano</h3> <p>Siegesplatz, 47<br/> 39100 Bozen BZ <br/> T +39.0464.436688<br/> F +39.0464.436648</p> <p>Emergenza +39.334.8676783<br/> mail: <a href="https://web.archive.org/web/20101117061518/mailto:studio@canestrinilex.it">studio@canestrinilex.it</a></p> <p>skype: canestrinilex</p> </div> <div class="casella"> <h3>Informazioni legali</h3> <p>Il presente sito è inteso e predisposto ai soli <a href="/web/20101117061518/http://www.canestrinilex.it/informativa.html">fini informativi</a> dell'attività professionale svolta dallo studio legale.</p> <p>Il trattamento dei dati personali da parte dell'Avv. 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